Santa Messa in suffragio di Papa Francesco
Cattedrale di Cagliari, Lunedì 21 aprile 2925
«Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni» (At 2,32). La sostanza pasquale di questa celebrazione rende ragione del nostro convenire e della nostra preghiera. La morte di un uomo, e di un Papa, richiede il rispetto e il silenzio che sempre si deve di fronte al mistero profondissimo, ma adesso annunciamo e celebriamo il mistero della morte e della risurrezione di Cristo. È questa la nostra fede che diventa la ragione della nostra speranza, il motivo del nostro amore e, quindi della nostra preghiera. Non possiamo, d’altra parte, dimenticare che l’ultimo gesto ufficiale di Papa Francesco, dalla Loggia delle Benedizioni dal quale si era presentata al mondo il 13 Marzo 2013, è stata ieri la Benedizione Urbi et Orbi di Pasqua, con l’annuncio a tutti che Cristo ha vinto la morte ed è stato abbattuto il muro di separazione tra il cielo e la terra e tra uomo e uomo. Il dolore di questa morte non è, né può essere, angoscia o incertezza circa il senso ultimo, perché è attraversato dalla speranza e dalla gioia della risurrezione del Signore. Nella Bolla di indizione dell’Anno Santo 2025 il Papa aveva scritto: «La speranza cristiana consiste proprio in questo: davanti alla morte, dove tutto sembra finire, si riceve la certezza che, grazie a Cristo, alla sua grazia che ci è stata comunicata nel Battesimo, “la vita non è tolta, ma trasformata”, per sempre» (Spes non confundit n. 20). La ragione della nostra preghiera è questa certezza che suscita la speranza di una pienezza che supera la morte e si compie in Dio.
Ricordo in particolare il messaggio consegnato alla Chiesa in Italia nel corso del Convegno ecclesiale di Firenze, nel novembre 2015: «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza».
La Chiesa che papa Francesco ha amato e sognato è la Chiesa lieta di una gioia motivata esclusivamente dall’incontro con Cristo sempre vivo, incontro che sempre dobbiamo poter rinnovare (Evangelii gaudium). È questa gioia che vogliamo comunicare agli uomini, e che attrae quanti si interrogano sul senso del vivere. Ecco l’insistenza di Francesco circa la Chiesa che cresce per l’attrattiva esercitata da una gioia che illumina ogni notte e non certo per il nostro attivismo. Chiediamo a Dio di poter avere questa letizia, questa speranza più grande di ogni contraddizione, capace di illuminare il vivere e di indicare la direzione del cammino.
Una Chiesa, quella indicata dal papa argentino, inquieta perché mai adagiata su quanto già vissuto, sulle forme già sperimentate, ma sempre capace di interrogarsi più profondamente sul mistero della fede e di investigarlo a partire dalle domande del presente. È proprio questa feconda inquietudine che porta il Papa ad attivare processi non visti prima, come quelli sinodali, almeno con la forma e lo sviluppo che abbiamo conosciuto in questi anni. Solo ascoltando il senso della fede di tutti i credenti è possibile cogliere l’istanza dello Spirito Santo presente dentro gli avvenimenti storici. Una Chiesa inquieta non è una Chiesa stravagante, ma una Chiesa obbediente al mistero di Cristo, tesa a comprenderne più profondamente la verità, per comunicarne agli uomini la ricchezza.
Una Chiesa col volto di mamma: accogliente, capace di far compagnia agli uomini, agli “scartati”, ai fratelli delle periferie geografiche ed esistenziali del mondo; una mamma capace di accogliere, di sostenere, di ascoltare i più poveri, coloro che più hanno bisogno del nostro aiuto. Forse per questo, proprio ieri, dopo aver dato la benedizione di Pasqua, ha voluto attraversare il popolo di San Pietro per manifestare l’amore al popolo. Anche l’attenzione verso le singole vicende di cui veniva a sapere era l’espressione di una letizia che diventava premura materna.
Tutto questo è affidato al cuore della Chiesa e all’azione dello Spirito, ma anche alla responsabilità di ciascuno, perché tutti noi, ciascuno secondo il proprio carisma e ministero, ha la responsabilità di dare sviluppo a ciò che della testimonianza del Papa più lo ha colpito.
Francesco venne a Cagliari, in quell’indimenticabile 22 settembre 2013, proprio per invocare da Nostra Signora di Bonaria la misericordia: «oggi sono venuto in mezzo a voi, anzi siamo venuti tutti insieme per incontrare lo sguardo di Maria, perché lì è come riflesso lo sguardo del Padre, che la fece Madre di Dio, e lo sguardo del Figlio dalla croce, che la fece Madre nostra. E con quello sguardo oggi Maria ci guarda. Abbiamo bisogno del suo sguardo di tenerezza, del suo sguardo materno che ci conosce meglio che chiunque altro, del suo sguardo pieno di compassione e di cura. Maria, oggi vogliamo dirti: Madre, donaci il tuo sguardo! […] Maria ci insegna ad avere quello sguardo che cerca di accogliere, di accompagnare, di proteggere. Impariamo a guardarci gli uni gli altri sotto lo sguardo materno di Maria!». Nello sguardo misericordioso e tenero di Maria si fa prossimo agli uomini lo sguardo del Padre e del Figlio. Impariamo a guardarci gli uni gli altri con lo sguardo di Maria, che svela la verità della nostra vita e la bontà della nostra comunione.
Pregare per un Papa che muore significa amare la Chiesa. Preghiamo per la Chiesa perché nella successione dei pastori, anche nella loro diversità di storia e di accento, noi riconosciamo la presenza dell’unico Buon Pastore, che guida il suo popolo verso i pascoli della felicità e della verità. Noi riconosciamo la presenza di Cristo dentro l’opera e la testimonianza di Papa Francesco come di Papa Benedetto XVI, come di San Giovanni Paolo II, e così via. Il Risorto da morte è tra noi e guida la sua Chiesa. La gratitudine per Papa Francesco diventa adorazione di Cristo.
Nell’Omelia dal Santuario di Nostra Signora di Bonaria Francesco pregava in questo modo: «Non permettiamo che qualcosa o qualcuno si frapponga tra noi e lo sguardo della Madonna. Madre, donaci il tuo sguardo! Nessuno ce lo nasconda!». Adesso l’ultimo ostacolo che si frapponeva allo sguardo trasparente della Madre è caduto. Superata la barriera della morte, lo sguardo di Maria non può essere nascosto. Ne goda Francesco in eterno, e raggiunga anche noi, perché diventi certezza della fede e amore alla Chiesa.