Omelia per le Esequie di Francesca Deidda
Parrocchia S. Sebastiano M., Elmas (CA)
11 gennaio 2025
Ap 21, 1-7
Mc 15, 33-39; 16, 1-6
Il mio saluto a voi tutti, carissimi in Cristo,
e in particolare ad Andrea, fratello di Francesca, con cui ha condiviso le gioie e i dolori della famiglia, l’amore dei genitori e il dolore della loro perdita; ai suoi parenti e amici che la ricordano e ne piangono la perdita; ai credenti della comunità parrocchiale di San Sebastiano di Elmas, che adesso rivolge l’ultimo saluto a Francesca che qui aveva ricevuto il dono della prima comunione e della cresima; a voi, gentili autorità civili e militari, e a voi sindaci che con la vostra presenza intendete testimoniare il dolore e la speranza delle comunità che rappresentate e l’impegno paziente e deciso per il contrasto alla violenza.
A tutti voi rivolto il saluto liturgico il cui fondamento abbiamo festeggiato in questo tempo di Natale: «Il Signore sia con voi», saluto che corrisponde alla nostra certezza (Dio è con noi) e al traguardo della nostra speranza, quella che anima intimamente questa celebrazione:
«Ecco la dimora di Dio con gli uomini!
Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”.
E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte,né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate».
Consegniamo Francesca, per la quale sono passate le cose “di prima”, le vicende di questa bella e drammatica storia umana, alla dimora di Dio-con-noi, perché Colui che fa nuove tutte le cose possa tergere ogni sua lacrima ed eliminare la morte. Nella fede del Signore risorto noi speriamo per Francesca e per tutti l’avverarsi di questa nuova e definitiva familiarità, in questa dimora nuova, dove non vi è più il lutto, il lamento e l’affanno. È questa speranza cristiana che motiva il nostro radunarci in preghiera, attorno all’altare del Signore. «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Quanto è vecchio il male della violenza e dell’odio, quanto è antico questo tarlo che corrode i rapporti nella pretesa di dominare sulle persone. Nella preghiera domandiamo per Francesca una cosa nuova, che nessuno di noi può adesso realizzare ma neanche rovinare, un compimento di vita e verità che solo Dio può promettere e donare. È il momento in cui il dolore e lo sgomento, la rabbia e l’impegno diventano domanda, mendicanza di una giustizia che sulla terra non possiamo rendere in modo pieno, perché giusto per chi nasce è solo il compiersi della promessa di felicità con cui siamo accolti nella vita.
Per questo esito, Dio si è fatto carne, ha cercato gli uomini e li ha raggiunti sulla croce e nel profondo degli inferi. Lasciamo che Egli entri anche in questo inferno per liberare Francesca e condurla con sé nella sua dimora di pace, e dia consolazione a tutti.
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». E Dio risponde donando una vita nuova a suo Figlio, una vita sulla quale la morte non ha più potere. Il grande masso che sembrava chiudere per sempre la speranza degli uomini, adesso è stato ribaltato a testimonianza di una vita più forte della morte e della violenza. Accogliamo ancora l’annuncio dell’angelo: «Non abbiate paura!».
«Gesù, dando un forte grido, spirò». Nell’istante del morire, inchiodato sulla croce, Gesù ha gridato forte la propria sofferenza e la sofferenza degli uomini e delle donne di tutti i tempi, ha gridato al cielo l’angoscia per la morte ingiusta, le violenze e gli insulti alla dignità e alla vita degli uomini. Quel grido si alza ancora, quasi a squarciare il cuore degli uomini e di Dio. La morte in croce del Figlio di Dio fatto uomo, una morte ingiusta, dolorosa, tra la crudeltà di alcuni, la derisione di altri e l’indifferenza dei più, ci fa sperare che nulla vada perduto, che nessuno venga abbandonato e che il destino di Francesca sia compiuto dalla pietà di Dio. Custodisca Lui quel che noi forse non abbiamo saputo proteggere.
La nostra esistenza, cari fratelli, è fatta di gesti fondati sulla fiducia. Prendiamo l’aereo perché ci fidiamo del pilota, mandiamo i bambini a scuola perché ci fidiamo degli insegnanti, ci confidiamo con gli amici perché, appunto, ci fidiamo del loro sentimento. Sarebbe impossibile vivere nel sospetto generale. La fiducia è il tessuto fondamentale dell’amore coniugale, che ultimamente consiste dell’affermazione della bontà della presenza dell’altro (“tu sei un bene”), dell’affidamento reciproco (“io prendo in consegna te e ti consegno me stesso”), nella decisione di realizzare una comunione di tutta la vita nella cura vicendevole e nell’accoglienza degli altri. La cosa terribile che sta accadendo è che sempre più è minata la fiducia di cui vivono gli affetti. Senza Dio stiamo perdendo l’alfabeto delle relazioni fondamentali, e si introduce in esse il veleno dell’egoismo, dell’istintività, della disperazione e della prepotenza (perché la violenza è figlia della disperazione).
L’affetto, dobbiamo di nuovo imparare e proclamare, non è mai possesso e la persona non può essere trattata per nessuna ragione come un oggetto da prendere, possedere, scartare e distruggere. L’amore vero è gratuità mai possessività, dedizione mai costrizione, disponibilità al sacrificio di sé mai violenza verso l’altro. L’amore vero, diciamolo forte ai nostri ragazzi, è volere che l’altro sia felice e servire questa felicità anche quando non comprende noi.
Tutti, a partire dalla comunità cristiana, tutti siamo chiamati a dare testimonianza del modo vero di amare e a mobilitarci perché la vita sia sempre custodita e accompagnata verso la sua perfezione. Serve una grande compagnia di pace e affetto, serve un patto educativo che metta al centro la persona e la sua dignità, una sorta di alleanza per la vita, i giovani, l’amore.
Per vivere un amore gratuito occorre una speranza infinita, perché solo la vita eterna può comporre ogni cosa, e sentire l’imponenza del Mistero che fa tutte le cose, la vicinanza del Dio amico degli uomini e amante della vita. Nessuno può essere padrone della vita, né propria né altrui. Serve annunciare di nuovo questo Dio amico degli uomini e amante della vita.
Per amare nella verità occorre una grande speranza, la stessa che adesso chiediamo che si compia nell’eternità per Francesca. Sia felice e per sempre, in compagnia dei genitori, nella comunione dei santi. E Dio abbia pietà di tutti noi.