Omelia in occasione dell’Ordinazione diaconale di Davide Ambu, Samuele Mulliri e Lorenzo Vacca
IV Domenica di Avvento – Anno C
Cattedrale di Cagliari, sabato 21 dicembre alle 18.30
Nei rapidi passi di Maria verso la casa di Zaccaria (cf. Lc 1,39), il Verbo che si è fatto carne (cf. Gv 1,14), e ancora abita il seno della Vergine, comincia il suo viaggio sulla terra, attraversando paesi e superando montagne. Inizia a visitare gli uomini. E imprime subito il segno inconfondibile del suo arrivo: fa sussultare di gioia il figlio di Elisabetta (cf. Lc 1, 44), Giovanni. Questi, da parte sua, ancora nel ventre dell’anziana madre, comincia a preparare un popolo ben disposto (cf. Lc 1,17) rendendo testimonianza, come profeta e apostolo, all’arrivo del Messia nel gesto dell’esultanza incontenibile, di una gioia quasi irriflessa che non può essere conquistata in alcun modo dall’uomo, ma solo donata da Dio e accolta. È il segno della fede, questa gioia semplice che fa sussultare Giovanni. È la fede che rende «beata» Maria, «colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45). Non è ancora nato e già il Salvatore dona beatitudine a Maria e gioia a Giovanni e a Elisabetta. Come è necessario che la Chiesa riprenda a parlare il linguaggio delle beatitudini e della gioia a una generazione spesso confusa e incerta. Gli artisti hanno in gran parte rappresentato l’incontro della Vergine con l’anziana parente come un abbraccio. È la forma e il movente della carità, in tal modo, a dare spessore all’arrivo del Redentore e alla testimonianza del precursore. La fede, in quella casa, inizia a generare la carità e la speranza di un mondo diverso, di amore e verità, definito dall’accoglienza del Dio vicino, che si fa vicino.
Carissimi Davide, Samuele e Lorenzo, il Vangelo ha già detto tutto quel che potremmo augurarvi: siate uomini di fede, speranza e carità; possiate portare in voi, come Maria, il Messia agli uomini e testimoniare tra di loro, come Giovanni, nella gioia, la sua presenza. Portate Gesù e testimoniate la sua capacità di trasfigurare l’umano. Non serve altro per vivere in pienezza.
Come Maria anche voi avete detto il vostro: Eccomi, per significare che la vostra è la risposta all’elezione, alla chiamata di Dio nella Chiesa, totalmente gratuita e mai meritata. Siamo piccoli, insufficienti e peccatori, ma scelti da Dio. Ricordatevi di questa chiamata per poter rispondere sempre il vostro sì. Fra pochi minuti risponderete alle interrogazioni con il vostro Si, lo voglio per manifestare, in modo pubblico, davanti a Dio e alla Chiesa, l’accettazione alla forma di questa chiamata. La vocazione, infatti, non è mai una scelta autonoma o una forma di possesso ma è sempre un consenso a una richiesta peculiare. Vi prego di non smarrire mai la coscienza di questa dinamica elementare della fede e quindi della vocazione. Le interrogazioni terminano con la richiesta di promessa del filiale rispetto e dell’obbedienza al Vescovo e solo allora porrete le vostre mani nelle sue dicendo Sì, con l’aiuto di Dio, lo voglio. Vi consegnate così nelle mani della Chiesa e di Dio, senza condizioni dettate dall’umana simpatia o misura, con l’unica misura di un amore senza limiti e di un abbandono a Dio e alla Chiesa per sempre e totale.
Nella storia degli uomini, in tal modo, continua a sentirsi il dialogo che è risuonato nell’eternità: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà» (Ebr 10,9). L’eccomi del Figlio risuona nella storia degli uomini nell’eccomi di Maria e in quello di tutte le persone che accettano di essere definite per sempre dalla chiamata del Signore. Una obbedienza così totale può essere sostenuta solo da un amore totale e da una libertà infinita, quella del Figlio davanti al Padre. Il Figlio, per amore, obbedisce liberamente, eternamente.
(Vien sempre voglia di fare la domanda: ma voi siete disposti a farvi accendere, a bruciare e lasciare tutto il resto per questo amore? Siete disposti a tutto per amore di Gesù Cristo?).
La diaconía non è né un rito di passaggio né un imperativo etico (che sarebbe tanto eroico da risultare impossibile), è la conformazione a Gesù Cristo servo, possibile solo per l’azione dello Spirito Santo. Egli si è fatto obbediente al Padre fino a divenire per gli uomini pane spezzato e vino versato. Non il dovere di compiere delle attività, la diaconía è una conformazione profonda di sentimenti, pensieri e azioni: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,14-15). La testimonianza fino al sangue di Santo Stefano non indica un esito sfavorevole del ministero ma la sua conseguente radicalità. «Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45). Il servizio della condivisione esige il dono della vita per la salvezza del mondo.
Questo tempo della Chiesa e della storia ha bisogno di profeti, apostoli e testimoni che rappresentino al vivo Cristo servo, il Maestro che si china sugli uomini per donare loro la misericordia che rende nuovi. Abbiamo bisogno di persone possedute dall’amore di Cristo, di una nuova radicalità di carità e missione, senza risparmio di energia, di un più trasparente annuncio di gioia e beatitudine.
Consegnandovi il vangelo vi darò la missione della vita: «Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunziatore: credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni».
Vi preghiamo, la Chiesa vi prega, di non vivere per altro, di non insegnare altro, di non credere in altro. La consegna del Vangelo indica ciò per cui vivere, lavorare, soffrire e morire. Non ci sia altro, la vostra vita non abbia altre ragioni.
Davide, Samuele e Lorenzo, guardate ogni giorno Maria e pregatela perché nella vostra vita si adempia ciò che, per tramite della Chiesa, il Signore oggi vi ha detto.