Omelie Vescovo

Omelia del Vescovo per la Messa del giorno dell’Epifania

Solennità della Epifania del Signore
Messa del giorno
Basilica Cattedrale di Cagliari, sabato 6 gennaio 2024

«Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2).

I magi che vengono dall’Oriente sono persone importanti, probabilmente appartenenti a caste sacerdotali, e sapienti. Studiano e conoscono le traiettorie degli astri, guardano il cielo per interrogarlo. Una notte appare a loro un punto luminoso strano, anomalo, diverso dagli altri: ha un movimento più rapido e lascia una scia di luce. Interpretano quel passaggio come l’annuncio cosmico della nascita di un re e si mettono in cammino per trovarlo e adorarlo. Vedono una stella e interpretano un segno. Il Vangelo non ne precisa né i nomi né il numero, anche se fin dai primi secoli cristiani i magi sono indicati in numero di tre, di diversa età e provenienza geografica, etnica e religiosa, a significare l’universalità della salvezza: in loro sono simboleggiati gli uomini di tutti i popoli, età, tempi e continenti che stanno davanti a Gesù riconoscendolo Signore e offrendogli doni. Comincia a realizzarsi il mistero rivelato agli apostoli e ai profeti per mezzo dello Spirito, cioè che «le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo» (Ef 3,6).

La realtà del nostro mondo, anche in Occidente e in Italia, come pure in Sardegna e a Cagliari, è sempre più simile a quella che Matteo e Paolo conoscevano e vivevano. Un mondo nel quale negli stessi quartieri, l’uno accanto all’altro, abitano, lavorano, pregano persone di diverse lingue, culture e religioni. Pensiamo a Cagliari. Fino a pochi decenni fa il suo sostrato personale era sostanzialmente composto da sardi, mentre oggi comprende persone provenienti da tante nazioni. Negli ultimi vent’anni, la popolazione straniera (regolarmente) residente a Cagliari è passata dall’1,20% del totale al 6,29%. In Italia la percentuale dei residenti stranieri è dell’8,6%. Anche tra gli italiani, gli stili di vita e le opzioni fondamentali sono i più diversi come pure le idee e la pratica circa la morale e la religione stessa.

Sentiamo certo l’inquietudine per il fatto che tanti nostri fratelli non godono dell’amicizia con Cristo, il conforto di una comunità, la certezza o almeno la speranza di un orizzonte di significato credibile e affidabile, ma che significa in questo contesto, nel quale prevalgono le istanze di libertà individuale e di felicità, credere nel mistero universale della salvezza?

Il magistero recente ci ha sollecitati in tanti modi a saper tornare all’essenziale, ossia alla centralità della persona di Cristo e alla fede intesa come rapporto con la sua presenza viva. La fede è vita (pensata, celebrata, testimoniata) e l’azione pastorale della Chiesa non ha altro scopo che condurre gli uomini a un rapporto vivo con Cristo, perché questi parli all’uomo nella concretezza della sua situazione e l’uomo possa aprirsi alla sua realtà salvifica. Il rinnovamento missionario della Chiesa non chiede aggiunte di iniziative ma la semplicità dell’essenziale. Scriveva San Giovanni Paolo II all’inizio di questo terzo millennio: «Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi!» (Lett. ap. Novo Millennio Ineunte, 6 gennaio 2001, n. 29).

Torna la domanda: Come raggiungere gli uomini di oggi, quelli che non conoscono la fede cristiana e quelli che ne hanno smarrito la luce e il calore? Quale azione pastorale e conversione ci sono chiesti perché l’annuncio sia credibile?

Il Vangelo ci esorta a puntare sulla libertà delle persone, sullo splendore della testimonianza e a fidarci dell’azione dello Spirito Santo.

Sant’Agostino osservava che l’uomo «corre dove si sente attratto; è attratto da ciò che ama, senza che subisca alcuna costrizione; è il suo cuore che rimane avvinto». Se il cuore dell’uomo è attratto e rimane avvinto dalle cose piacevoli, «quale attrattiva eserciterà il Cristo rivelato dal Padre? Che cosa desidera l’anima più ardentemente della verità? Di che cosa dovrà l’uomo essere avido, a quale scopo dovrà custodire sano il palato interiore, esercitato il gusto, se non per mangiare e bere la sapienza, la giustizia, la verità, l’eternità?» (Commento al Vangelo di San Giovanni, 26). È la bellezza che muove liberamente l’uomo, se è una bellezza non effimera, se desta il desiderio o almeno l’intuizione della verità e della vita, della felicità e della giustizia. La Chiesa potrà stare nell’agone della modernità se saprà rendere il fascino della luce della verità, del calore dell’amore, della bellezza dei santi, l’attrattiva cioè di una realtà umana e divina che sa guardare il cielo e parlare al cuore degli uomini. In tal senso San Leone Magno invitava a fare come la “stella”: «Questa stella ci esorta particolarmente a imitare il servizio che essa prestò, nel senso che dobbiamo seguire, con tutte le nostre forze, la grazia che invita tutti al Cristo. In questo impegno, miei cari, dovete tutti aiutarvi l’un l’altro. Risplenderete così come figli della luce nel regno di Dio, dove conducono la retta fede e le buone opere» (Discorso 3 per l’Epifania). Nell’amore vicendevole possiamo aiutarci a far risplendere sugli uomini, negli ambienti che viviamo, la luce che anche noi seguiamo e che illumina il nostro volto, luce di verità, di gioia e carità. Non perché siamo perfetti, ma perché siamo in cammino, perché abbiamo avuto la grazia di vedere una luce e la semplicità di seguirla. «Molti dicono: “Chi ci farà vedere il bene?”. Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto» (Sl 4,7).

La possibilità missionaria della nostra Chiesa è legata alla sua capacità di testimoniare, di far vedere luci di amore, giustizia, verità, unità (non invidia e separazione), tali da muovere liberamente la curiosità e la ricerca degli uomini.

La presenza di Maria, che porge il bambino Gesù all’adorazione di quegli uomini in ricerca, ci fa comprendere che la strada della verità è sempre, inseparabilmente, anche strada di amore e carità verso tutti, senza limiti e condizioni. A lei, alla Madre di Dio, guardiamo con affetto e speranza, perché è luce che illumina il nostro cammino e attende il nostro arrivo, per presentarci infine, Madre tenerissima, il suo Figlio Gesù Cristo.

A voi tutti, cari fratelli, a tutta la Chiesa di Cagliari, grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro.

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