Omelia per la Santa Messa di inaugurazione dell’anno accademico 2023-2024 della Pontificia facoltà teologica della Sardegna
Chiesa di Cristo Re, lunedì 23 ottobre 2023
Rm 4,20-25
Lc 12,13-21
Carissimi tutti in Cristo,
nella giornata di inaugurazione dell’anno accademico di una Facoltà teologica, la celebrazione eucaristica non può certo intendersi come solo un’inevitabile introduzione rituale. Essa esprime con compiutezza l’anima profonda degli studi teologici che non può che essere dossologica. E se Abramo diede gloria a Dio in forza della promessa creduta, a maggior ragione gli rendiamo gloria noi che “crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione” (Rm 4,24-25). La contemplazione dell’opera d’amore di Dio per la salvezza degli uomini e dell’intero creato genera in un cuore sincero la lode e il ringraziamento, come pure quell’offerta della nostra stessa vita che dispone sempre a Lui la volontà e l’intelligenza. Il primo frutto dello studio della teologia è la gioia e la leggerezza della gratitudine.
In un passo famoso dell’Itinerarium mentis in Deum (citato nel Decreto conciliare Optatam totius), San Bonaventura invita il suo lettore a non credere che “gli basti la lettura senza la comprensione, la speculazione senza la devozione, l’indagine senza l’ammirazione, la visione senza l’esultanza, l’industriosità senza la pietà, la scienza senza la carità, l’intelligenza senza l’umiltà, lo studio senza la grazia divina, la riflessione senza la sapienza divinamente ispirata” (Prol. 4). Tutto questo è dono della grazia di Dio, che ora invochiamo e ci disponiamo ad accogliere. Lo studio della teologia, allora, alla luce della fede, può e deve divenire motivo di stupore e carità, gioia e pietà, umiltà e sapienza; un nutrimento della persona così potente da orientarla in profondità. Nello stesso orizzonte spirituale è la preghiera famosa di Sant’Anselmo: “Ti prego, Signore, fa’ che gusti attraverso l’amore quello che gusto attraverso la conoscenza. Fammi sentire attraverso l’affetto ciò che sento attraverso l’intelletto” (Fac, precor, Domine, me gustare per amorem quod gusto per cognitionem; sentiam per affectum quod sentio per intellectum: Liber meditationum et orationum, Meditatio XI). Chi studia ha a che fare con le parole. Per noi si tratta di intravvedere dentro le parole la Parola, la presenza del Signore morto e risorto che parla a noi, lungo il cammino apre la mente e gli occhi e fa ardere il cuore (cf. Lc 24).
Se tiene questa lettura, gli insegnanti sono chiamati ad essere anzitutto maestri sulle orme del Maestro buono, con la missione di testimoniare ed educare. Si può anche dire: di educare testimoniando e trasmettendo la gioia della propria ricerca e ciò che si è scoperto in prima persona. Ricordiamo che i maestri che hanno più inciso nella nostra vita sono quelli che hanno saputo trasmettere la loro passione per la verità, l’amore alla Chiesa, la gratitudine per l’incontro con Dio. Un grande latinista, di accesa passione politica, come Concetti Marchesi, scriveva che “L’arte ha bisogno di uomini commossi, non di uomini riverenti”. L’insegnamento della teologia non richiede di certo un grado minore di commozione. È un coinvolgimento che riguarda tutti, maestri e discepoli, reciprocamente implicati in una comune passione per la verità di Dio e dell’uomo. L’educazione è sempre un incontro tra libertà e la libertà è sempre mossa dal desiderio e dalla gioia.
La ricerca e l’insegnamento della teologia non possono essere astratti dal tumultuoso e talvolta arruffato percorso storico. Anzi, il deposito della fede va continuamente interrogato a partire dalle circostanze della storia degli uomini, perché venga meglio compreso e possa informare le menti e la prassi dei credenti. In ogni circostanza storica è presente un appello che Dio rivolge alla nostra libertà. L’adesione della Pontificia Facoltà Teologica di Sardegna al “Manifesto per una teologia dal Mediterraneo” (su iniziativa dell’Institut Catholique de la Méditerranée di Marsiglia) va in questo senso. A noi il compito di sviluppare riflessioni e relazioni di pace e fraternità nel Mediterraneo, ora acceso da fiamme di guerra.
Ricordiamo in questo momento di dolore e grave preoccupazione che nel Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, noto anche come Dichiarazione di Abu Dhabi, firmato dal Santo Padre e dal Grande Imam di Al-Azhar il 4 febbraio 2019 è detto a chiare lettere che «La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare», insieme all’urgenza di una grande opera educativa: «Attestiamo l’importanza del risveglio del senso religioso e della necessità di rianimarlo nei cuori delle nuove generazioni, tramite l’educazione sana e l’adesione ai valori morali e ai giusti insegnamenti religiosi, per fronteggiare le tendenze individualistiche, egoistiche, conflittuali, il radicalismo e l’estremismo cieco in tutte le sue forme e manifestazioni».
L’insegnamento di Gesù non ammette esitazione: la vita non dipende dai beni che si possiedono e stolti sono gli uomini che accumulano ricchezze sulla terra affidando a questi la speranza della felicità e della pace (cf. Lc 12,13-21). Il senso religioso è motivo di vera pace perché chi cerca Dio non idolatra sé stesso e i propri beni; piuttosto afferma un Tutto capace di valorizzare il fratello, ogni uomo. Con tutto il cuore speriamo che la fiamma della nostra carità – come canta un poeta – sia “controfuoco alla vampa / devastatrice del mondo” (Mario Luzi, Siamo qui per questo).
Carissimi, affidiamo alla Madre questo nuovo anno accademico e chiediamole di insegnarci a custodire, meditando nel cuore, ciò che del suo Figlio ascoltiamo, vediamo e scopriamo ogni giorno, nella fatica e nella gioia.