Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo – 11 giugno 2023
Omelia alla Santa Messa, Cattedrale di Cagliari
Dt 8,2-3.14b-16a
1Cor 10,16-17
Gv 6,51-58
Il Signore Gesù non cessa di attrarci all’incontro con sé, e ci invita a sedere a mensa con i fratelli per mangiare la sua carne e bere il suo sangue. Ci dona sé stesso come cibo e in tal modo ci apre alla comprensione della natura della nostra fame, della verità della nostra esistenza. Siamo fatti per la vita che non muore, siamo fatti per l’Infinito e l’Eterno. Non viviamo per sopravvivere in attesa della fine; siamo nati, amiamo, lavoriamo e soffriamo sospirando Dio e la pienezza di una vita eterna. Il darsi del pane eucaristico svela la profondità della nostra fame. La sproporzione tra quanto andiamo mendicando e la nostra possibilità è colmata solo dal dono che Dio fa di se stesso in Cristo, realmente ed eminentemente presente nell’eucarestia. Nella sua Persona riconosciamo la ragione e il vero termine del nostro desiderio e la bellezza del nostro destino.
Donandosi a noi, Cristo, ci attira a sé. Insegna il Papa che alla cena pasquale “nessuno si è guadagnato un posto, tutti sono stati invitati, o, meglio, attratti dal desiderio ardente che Gesù ha di mangiare quella Pasqua con loro” (Desiderio desideravi, n. 4). È vero che nel cammino della vita siamo sempre spinti dal nostro desiderio, ma siamo attratti a Cristo dal suo desiderio di incontrarci. Noi mendichiamo l’eternità perché Cristo mendica l’amore del nostro cuore, ha sete del nostro amore. Con gratitudine, ci sappiamo cercati, desiderati, attirati da Cristo crocifisso e risorto, presente ora e sempre. Egli è sempre prima di ogni nostro passo o decisione, e in forza di questo prima possiamo sempre sperare di non restare prigionieri dei nostri problemi o chiusi in questo tempo mortale.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6,56). Cristo ci raggiunge nel segno potente del pane e del vino eucaristici per insegnarci a riconoscerlo vicino a noi, dentro di noi, sempre, dappertutto, come nostro fratello e Dio. La natura stessa e il lavoro collettivo dell’uomo diventano sull’altare segno della sua presenza, che accogliamo ogni giorno come luce di verità e forza di vita, perché lo crediamo vicino in ogni momento. È qui ed ora, in ogni circostanza di tempo e incontro di uomini.
L’eucarestia ci insegna ad amare, perché è il grande sacramento della carità di Cristo che liberamente ha dato la sua vita “per” noi. Colpisce e addolora molto leggere tutti i giorni di atti di violenza che maturano in ambiti affettivi, di fiducia, in contesti chiamati a proteggere la vita e a servirla. Sembriamo incapaci di amare con gratuità e nel rispetto degli altri. Ma che amore è quello che non sa sacrificarsi per il bene dell’altro o che pretende un’appartenenza senza libertà, un possesso senza amore, o che si consuma in un sentimento senza fedeltà? La carità di Cristo non è solo l’esempio al quale ispirarsi ma la grazia da accogliere, capace di sanare le malattie dei nostri affetti e di farci spettacolo al mondo di vero amore, di gratuità fino alla morte.
“Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6,57). Mangiamo Cristo per poter vivere per Cristo, e in Lui per il Padre e gli uomini. Non c’è vero amore se l’esistenza non è vissuta “per” l’Altro. È questo il vero amore che cerchiamo e che la grazia di Cristo rende possibile.
L’eucarestia è il pane dei pellegrini. La processione che dopo la messa si snoderà per le vie della città, sia segno di un popolo unito e articolato come un corpo, che cammina per portare e testimoniare l’amore di Cristo agli uomini, perché nell’abbandono al suo abbraccio tutti possono essere felici e aperti all’Infinito che bramano.
Prima della Benedizione eucaristica, Basilica di N.S. di Bonaria
Siamo la tua Chiesa, o Signore, e abbiamo camminato con Te per testimoniare il tuo amore. Insegna il Papa che “ogni dono per essere tale deve avere qualcuno disposto a riceverlo” (Desiderio desideravi, n. 3). E noi siamo qui per riceverlo ancora, questo dono di carità ed eternità. Camminando da pellegrini abbiamo come raccolto la grande domanda di Te, o Cristo, che in modo anche inconsapevole si alza da ogni uomo che desidera la felicità, l’amore e la bellezza, una ragione per cui vivere o che è grato per ogni istante che gli è accordato. Siamo poveri, Signore, e mendichiamo il dono della tua presenza tra noi e in noi. Siamo poveri e invochiamo la tua presenza.
Ti preghiamo per la fede della nostra Chiesa di Cagliari, il popolo santo che ti sei riservato in questa città e diocesi. Sia lieta di te, non si vergogni mai della tua croce. Possa manifestare la potenza della tua misericordia nella letizia del suo volto. La tua Chiesa goda di una nuova primavera di beatitudine e santità. Nutrendosi di te, noi tuoi figli, siamo poveri in spirito, consolati, miti, operatori di giustizia e di pace, misericordiosi e puri di cuore, e sappiamo vincere ogni possibile persecuzione con la forza del tuo perdono (cf. Mt 5). Rendici simili a te, vero Dio e uomo perfetto.
La tua Chiesa, o Signore, sia madre amorevole verso i suoi figli e verso gli uomini che incontra, soprattutto i più poveri e bisognosi con i quali ti sei identificato: gli affamati e gli assetati, i forestieri e gli ignudi, i carcerati e gli ammalati (cf. Mt 25).
Partecipe di un unico pane e calice, la Chiesa di Cagliari sia unita in un solo corpo, per essere sacramento di unità per tutto il genere umano. Nessuna differenza si tramuti in inimicizia o separazione, ma le diversità siano esaltate in ricchezza di sinfonia e coralità. Che la carità di Cristo ci insegni e renda vero l’amore fraterno, ci aiuti a prenderci cura gli uni degli altri in un’appartenenza comune che solo la grazia dell’eucarestia può promettere e realizzare.
Ti preghiamo, Maestro nostro, donaci la pace, insegnaci la pace, guidaci verso la pace. Con il Papa preghiamo: trasforma le armi in strumenti di bene, le paure in fiducia e le offese in perdono. Disarma la nostra lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché sappiamo incontrare l’altro come “fratello”. L’opera della nostra vita sia sempre offerta di amicizia.
Fa’, o Signore, che esprimiamo nella testimonianza della vita la fede che celebriamo nell’eucarestia. Riconosciamo di essere peccatori, che troppo egoismo e divisione alberga tra noi, che spesso ti abbiamo più usato che servito ma (come pregava Mosè) tu perdona e continua a camminare con noi. Fa che non ci separiamo mai da te.
Siamo la tua Chiesa e ti invochiamo di camminare sempre con noi.
Amen.