Cattedrale di Cagliari, 7 aprile 2023
Venerdì Santo In Passione Domini
Stasera la preghiera più semplice e radicale è che non sia vana in noi la croce di Cristo (cf. 1Cor 1,17). Guardando il crocifisso, sentiamo istintivamente il sentimento della nostra piccolezza e il dolore del nostro peccato. La coscienza del peccato è il dolore di aver scelto un non-dio come ragione della vita, aver eletto ciò che non è Dio come speranza della propria felicità. Abbiamo adorato un idolo chiamando “Dio nostro” l’opera delle nostre mani (cf. Osea 14,3). Non dobbiamo scusare il nostro peccato, ma riconoscerlo, e chiedere salvezza. “Grande misericordia chiede il grande peccatore. Grande medicina richiede la grande ferita” (Agostino, Discorsi 20,2). All’abisso del male può corrispondere solo l’abisso della misericordia di Dio. La conversione è stare davanti, nudi e senza difese, alla grande misericordia che si manifesta nella croce, domandando di essere salvati, ossia liberati dalla propria miseria.
Ricordando che il Signore era apparso a lui, il più piccolo e peccatore degli apostoli, San Paolo diceva: “Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana” (1Cor 15,10). Questo passo mi è tornato insistentemente in mente stamani, partecipando a una Via Crucis voluta e vissuta dai detenuti della Casa Circondariale “Ettore Scalas” di Uta. La grazia che sgorga dal costato aperto di Cristo non è vana quando è accolta da uomini e donne desiderosi di salvezza, divenendo causa di ciò che sono. Vorrei che anche voi possiate essere confortati da alcune delle testimonianze ascoltate stamani, che ci aiutano anche a comprendere come possiamo essere evangelizzati proprio dai poveri che andiamo a visitare.
Un primo detenuto ha testimoniato: “Certamente aver perso la libertà e stare chiuso dentro questa scatola di cemento e acciaio, è un dolore quotidiano che si riverbera nell’anima. Ma il mio pensiero va a mia madre che patisce per la mia situazione e la mia lontananza […]. La mia riflessione mi conduce alla madre di tutte le madri: Maria. Lei ha vissuto la passione, l’umiliazione e la crocefissione di suo figlio, Gesù Cristo. Questa settimana che ci conduce alla Santa Pasqua è l’occasione per tutti noi cristiani di pregare non solo per i nostri cari ma anche per tutte quelle persone che soffrono per privazioni, umiliazioni, violenza e malattia”. Davanti al Crocifisso il cuore si dilata e il proprio dolore si tramuta in compassione per il dolore di tutti, una compassione il cui paradigma resta sempre la Pietà, l’immagine di Maria che accoglie nel suo grembo il corpo del figlio deposto dalla croce. Dall’accoglienza del Figlio di Dio crocifisso e dalla contemplazione della Madre di tutte le madri nasce la pietà per tutti gli uomini. La Croce di Cristo non è vana se dilata così il cuore.
Un secondo fratello ha testimoniato la sorpresa e la forza del perdono: “Ho commesso peccato e nonostante colui che ho ferito mi abbia detto di avermi perdonato subito, per due anni non sono riuscito ad aver pace e a perdonarmi. Un giorno ho avuto l’occasione di incontrare la persona che ho ferito. Subito mi sono inginocchiato davanti a lui e ho chiesto di perdonarmi per quello che gli avevo fatto. Lui mi ha chiesto di alzarmi, mi ha abbracciato e baciato e mi detto: lo sai che ti ho perdonato subito. Ora, […] oltre che aver ricevuto il suo perdono, ho instaurato con lui un rapporto d’amicizia, di riconciliazione e di fraternità. Insomma, io sono testimone che se un uomo sbaglia, e crede nel perdono, come Gesù perdonò chi lo aveva messo in croce, non mancherà occasione di donare e ricevere il perdono. Quanto sto testimoniando l’ho vissuto sulla mia pelle e quindi credetemi e abbiate fede”. “Gesù diceva: ‘Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno ‘” (Lc 23,35). Non è vana la croce di Cristo se raggiunge l’uomo nel punto più doloroso, quello che impedisce la riconciliazione con se stessi e gli altri, e genera la pace del perdono e la fraternità dell’amicizia cristiana. Basta voler accogliere la grazia della croce, desiderare farla propria.
Un terzo ha testimoniato la libertà a cui introduce la verità. “Nella mia vita ho commesso degli errori, e questi errori mi hanno portato a comprendere che l’unica via per poterne venire fuori era quella di dire la verità. Ho capito che era questo l’unico modo per togliere questo male che non mi apparteneva. Oggi mi sento pronto ad aiutare anche i miei compagni, con i quali condivido giornalmente la vita in questo luogo, affinché riescano a togliere dal proprio vivere quel male che, in qualche modo, impedisce di guardare con speranza alla vita. Oggi, nonostante che sia in questo luogo, mi sento un uomo libero e ho la fortuna di potervi dare questa testimonianza, che spero possa essere di aiuto a coloro che vogliono cambiare vita liberandosi dal male. […] [Nella verità] Sarete liberi veramente”. In carcere, da uomo libero! Possiamo chiederci se noi, fuori dalle sbarre del carcere, siamo altrettanto liberi o non siamo in qualche modo schiavi di qualche menzogna. Pilato va via quando chiede cosa sia la verità (Gv 18,38). La verità è Cristo e quando rende libero qualcuno, allora sì la Croce di Cristo non è stata vana.
Cari fratelli, non deve sorprendere che negli angoli più bui si possa vedere tanta luce. Cristo ha amato fino alla fine e quindi fin dentro ciò che consideriamo la fine della convivenza cosiddetta civile o della dignità degli uomini. Guardiamo d’altra parte l’apostolo Pietro.
Ancora Agostino, commentando lo sguardo di Gesù a Pietro che lo aveva appena rinnegato, ci aiuta a comprendere questa verità: “Il Signore lo guardò non col corpo, ma in maestà; non con la vista propria degli occhi di carne, ma con suprema misericordia. Egli che già aveva nascosto il volto lo guardò e quello fu reso libero. Per conseguenza, se il Redentore non avesse posato lo sguardo su di lui, il presuntuoso sarebbe perito. Ed ecco, purificato dalle proprie lacrime, afferrato e salvato, Pietro evangelizza. Porta l’annunzio colui che aveva rinnegato: credono coloro che si erano smarriti” (Discorso 284,6).
L’esperienza dello sguardo del crocifisso rende evangelizzatori credibili coloro che sono salvati dalla presunzione. La misericordia può essere annunciata solo da chi può esserne testimone sulla propria “pelle”, da chi cade in ginocchio e viene “purificato dalle proprie lacrime, afferrato e salvato”. I presuntuosi, gli uomini pieni di sé, non possono annunciare la misericordia, riescono solo a parlare di se stessi.
La tua grazia, o Signore, la grazia della tua croce non sia vana in noi!