Omelie Vescovo

Omelia del Vescovo per la Messa e Te Deum di ringraziamento

Solennità Maria santissima Madre di Dio
Omelia per la Santa Messa e Te Deum in ringraziamento per l’anno trascorso
Cattedrale di Cagliari, 31 dicembre 2022


Nm 6, 22-27
Gal 4,4-7
Lc 2,16-21

Il dolore per la morte di Benedetto XVI in questa celebrazione si associa alla gratitudine per il dono del suo ministero di Vescovo di Roma e Successore di Pietro. Abbiamo tanto imparato, e tanto ancora ci resta da imparare, dal suo sguardo di fede che in profondità si posava sui misteri cristiani come sugli avvenimenti storici. Eleviamo a Dio il nostro rendimento di grazie per come Benedetto XVI ha guidato e accompagnato la Chiesa in un frangente molto impegnativo, per la certezza di fede che lo ha sorretto anche nel momento della sua sorprendente “rinuncia”. Ci ha insegnato che l’amore si dimostra con il “coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi”. D’altra parte, come ha detto nella sua ultima Udienza generale del 27 febbraio 2013, “la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto”. L’amore alla Chiesa, in questi quasi dieci anni, si è manifestato in modo singolare, nascosto, accompagnando il cammino del popolo cristiano con il silenzio, la preghiera e la riflessione, con una dedizione totale al Signore e alla sua Sposa. Una modalità di dedizione e di servizio che molti forse non hanno compreso, così diverso dall’ideale mondano della visibilità e del protagonismo personalistico, e che ha associato Benedetto XVI alle persone umili, ammalati, anziani, perseguitati, a quella schiera di testimoni che non hanno altro da offrire al Signore e agli uomini che il proprio silenzio orante. Dio è amore e nell’amore anche silenzioso dei suoi servi si fa vicino all’uomo di oggi e di ogni tempo.

Oggi siamo desiderosi di scorgere i segni del Dio che cammina con noi sempre, anche in questo anno difficile. C’è chi ha parlato del tramonto dell’ottimismo, dell’idea di un miglioramento progressivo e inevitabile. Abbiamo conosciuto la pandemia, della quale forse non abbiamo finito di cogliere le conseguenze dolorose, e quest’anno l’orrore della guerra in Ucraina che di nuovo insanguina l’Europa. La fragilità dell’uomo si coglie anche in questo essere esposto all’imprevisto della malattia e del peccato. Ma Dio non è assente. Come ci ha annunciato san Paolo, con Gesù il tempo giunge alla sua pienezza, giunge al suo compimento. Il tempo non è vuoto, non è vano e senza una direzione perché in Cristo acquista un significato di salvezza: nel tempo, Dio si fa incontro all’uomo che non smette di cercarlo, si fa vicino a chi lo invoca con cuore sincero.

Il 31 dicembre 2010, Benedetto XVI diceva che “nel Bambino di Betlemme possiamo contemplare in modo particolarmente luminoso ed eloquente l’incontro dell’eternità con il tempo, come ama esprimersi la liturgia della Chiesa. Il Natale ci fa ritrovare Dio nella carne umile e debole di un bambino. Non c’è qui forse un invito a ritrovare la presenza di Dio e del suo amore che dona la salvezza anche nelle brevi e faticose ore della nostra vita quotidiana? Non è forse un invito a scoprire che il nostro tempo umano – anche nei momenti difficili e pesanti – è incessantemente arricchito delle grazie del Signore, anzi della Grazia che è il Signore stesso?”.

Cari amici e fratelli, lo sguardo del cristiano, dell’uomo raggiunto dalla fede, cerca sempre dentro la storia personale e sociale il punto di incontro dell’eternità con il tempo, le orme di un Dio che si è fatto carne per camminare con noi come fratello, amico, guida. Il poeta Thomas Eliot diceva che “comprendere / Il punto d’intersezione del senza tempo / Col tempo, è un’occupazione da santi”. A questo sguardo profondo ci invita la liturgia e la solennità di oggi: riconoscere Dio negli incontri e negli avvenimenti che riempiono le giornate, i mesi e gli anni della vita. Il punto di incontro del tempo con l’Eterno: l’accoglienza ai profughi della guerra, l’audacia dei giovani che in Iran assecondano l’istinto di libertà, la generosità di tanti operatori sanitari nel periodo della pandemia… Certo, non è sempre facile cogliere questo punto di intersezione. A volte sembra che il male vinca, che l’ultima parola sulle nostre giornate sia l’amarezza per le azioni cattive o per gli avvenimenti che provocano dolore e sofferenza. Occorre lo sguardo semplice e la docilità dei pastori che vanno senza indugio e trovano Gesù nella mangiatoia con Maria e Giuseppe; ci vuole la disponibilità di coloro che ascoltano il loro racconto e lo accolgono con meraviglia (ci lasciamo ancora meravigliare?); ci vuole soprattutto il cuore della Madre. Ella “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). Per riconoscere il punto d’incontro dell’Eterno con il tempo, occorre invocare lo sguardo della fede e la custodia del cuore, nel quale l’annuncio di Cristo diviene memoria e desiderio, intelligenza e preghiera, carità e adorazione. Ci vuole cuore! L’annuncio va custodito nel cuore, altrimenti si disperde nell’attivismo. Guardiamo il Bambino della mangiatoia per poter accogliere da riconciliati la nostra storia, contempliamolo per adorare e chiedere perdono, per invocarne la Sapienza e la pietà.

Il Te Deum che fra poco canteremo è inno di ringraziamento e di supplica, che inizia con l’adorazione: “Noi ti lodiamo, Dio * ti proclamiamo Signore. O eterno Padre, * tutta la terra ti adora”, e che si conclude con la richiesta di misericordia, per non restare confusi in eterno.

Sia sempre con noi
la tua misericordia: in te abbiamo sperato.
Pietà di noi,
Signore,
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza,
non saremo confusi in eterno.

In te, Dómine, sperávi: *
non confúndar in ætérnum.

La nostra speranza è la misericordia di Dio, unica possibilità per non restare confusi. La dolce speranza ci è donata da Maria, la Madre di Dio, la prima dimora dell’Emanuele, nel cui abbraccio siamo rassicurati che anche nella nostra debolezza vive la potenza di Dio, nella nostra carne il Verbo sapiente, nella nostra realtà il Signore dell’Universo. Amen.

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