Omelia per la celebrazione eucaristica del 31 agosto 2022. Alghero, Centro Pastorale diocesano “P.G. Frascati”. (Corso di alta formazione Migrantes – 29 agosto – 2 settembre 2022)
1Cor 3,1-9
Dal Sal 32 (33)
Lc 4,38-44
Sono lieto di poter pregare con voi che, in questa bellissima terra di Sardegna, vi radunate per riflettere sul grande tema indicato da Papa Francesco: «Costruiamo una grande famiglia in cui tutti possiamo sentirci a casa». La prospettiva adottata è ricca di suggestioni: “Costruire il futuro con…”. Siamo in una fase storica unica perché chiamati a immaginare e costruire il futuro della società.
I temi fanno riferimento al futuro, alla famiglia, alla casa.
In una famiglia si condivide il futuro e lo si costruisce insieme sia perché deve poter comprendere il bene di tutti e di ciascuno sia perché non è possibile pensare di ritagliarsi un percorso di vita che prescinda dagli altri, dai genitori e dai fratelli. Incontrando gli altri, e soprattutto le persone più vicine, inevitabilmente ne condizioniamo in qualche modo il futuro. L’esistenza degli uomini, d’altra parte, è in buona misura frutto della libertà e del gusto, ma anche degli avvenimenti che capitano e degli incontri che si fanno. Alcuni di questi incontri, poi, sono particolarmente decisivi per l’aprirsi di esperienze affettive e professionali, per il maturare di orizzonti di senso e di impegni vocazionali. Il futuro lo costruiamo inevitabilmente con le persone che incrociamo per le nostre strade. L’incontro con l’altro è parte del nostro futuro, appartiene in qualche modo alla nostra stessa vocazione. La direzione di sviluppo, però, dipende dall’animo con cui siamo aperti ai fratelli.
Abbiamo visto in questi anni che per difendersi, almeno in una prima fase, è sufficiente la paura che induce ad adottare comportamenti di protezione e genera (per ripetere parole terribili di questi anni) isolamento e distanziamento. Ma per costruire il futuro la paura non può bastare. La paura costruisce bunker non case, scava trincee non può immaginare piazze.
Come è capitato di vedere tante volte, per costruire una casa serve tanta speranza, l’attesa fondata di una felicità condivisa con persone amate, la promessa di un bene da spartire, per esempio, nell’amicizia sponsale e nella comunità familiare. Per costruire una casa per la famiglia serve la gioia per un amore lieto e vero, una speranza che dà l’energia necessaria. Senza gratitudine, senza la gioia di un incontro amorevole, cosa possiamo costruire?
Un bunker o una casa? La paura del nuovo o un amore che apre alla speranza?
Guardiamo adesso il Vangelo. Il futuro della suocera di Simone è riaperto dalla misericordia potente di Gesù che entra a casa sua, si avvicina al suo letto e si china su di lei. La gratitudine per un futuro nuovo assume subito la forma dell’amore che serve. Gesù si china su di lei e lei, grata, li serve, serve Gesù e i suoi amici, serve tutti. È il servizio che esprime la gioia di un ben-essere ricevuto in dono. Anche i malati sono guariti dall’essere toccati da Gesù. Egli, infatti, guarisce avvicinandosi con rispetto, toccando e parlando, entrando in relazione fisica e verbale, condividendo e prendendo su di sé la fatica di chi incontra. Anche per i malati il futuro è riaperto dalla misericordia del Figlio di Dio. Egli è riconosciuto dagli indemoniati, ma non amato e accolto, perché la fede non è un semplice sapere, è una conoscenza amorosa.
Gesù annuncia il Regno di Dio e lo rende operante nell’incontro sanante con gli uomini che hanno bisogno di salute e salvezza. Gesù è testimone della notizia che annuncia perché è stato mandato per essere carne e sangue di un Regno che libera quanti vivono nelle città.
Nelle città siamo inviati noi, adesso, a chinarci sugli uomini, a comandare al male, a toccare gli infermi e imporre le mani su di essi. Ecco, noi siamo, per grazia, chiamati ad essere mano e parola della misericordia di Cristo risorto, testimoni della notizia bella che annunciamo.
Questa è la nostra gioia, una gioia che apre al futuro e fa venire voglia di costruire una bella casa con gli uomini che il buon Dio ci mette sulla strada.