16 aprile 2022. Sabato Santo – Celebrazione della Veglia pasquale nella notte santa
Cattedrale di Cagliari
- Il Vangelo di questa notte santissima ci porta al mattino presto di quel primo giorno della settimana che cambierà per sempre il corso della storia e il destino dell’uomo. Gesù – il condannato, crocifisso, morto e sepolto, maestro della Galilea – non è più tra i morti, è vivo, anzi è il Vivente. Non si è semplicemente risvegliato e tornato alla vita di prima, ma è entrato in una condizione nuova e definitiva, vive per sempre, come afferma San Paolo: «Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui» (Rm 6,8). È difficile dire con parole umane il grande mistero della risurrezione. È avvenuto in quella notte santissima qualcosa che non era mai avvenuto prima, e che stabilisce una novità assoluta e permanente: la morte non ha più potere su Cristo ed Egli vive sempre, per sempre, in e per Dio.
Purtroppo non sempre riusciamo ad avvertire l’urto di questo annuncio, forse perché troppo abituati alle parole che lo veicolano. Occorre tornare bambini per sentire in noi la sorpresa e la commozione per l’inaudito avvenimento: «Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro» (Preconio pasquale). È questa la vera novità, secondo l’espressione più volte ripetuta da San Paolo nell’Epistola. La risurrezione è novità, il resto è vecchio, risaputo, scontato, “naturale”. Di fronte alla morte è vecchia la paura, nuova è la consegna fiduciosa; di fronte al male arrecato da altri è naturale l’odio, mentre è nuovo il perdono; di fronte ai beni temporali, è vecchia l’egoistica tutela dell’interesse personale, nuova è la carità della condivisione; di fronte al futuro incerto è vecchia la rassegnazione, nuova è la speranza. Morire è cosa “naturale”, non nuova, scontata. La novità è risorgere.
La novità di questa notte cambia i termini della vicenda umana. Poiché Cristo è risorto, non è vano il nascere, vivere e lo stesso morire. Poiché Cristo è risorto posso anch’io sperare una vita diversa, definitiva. Si può amare nella promessa del “per sempre” e sacrificarsi senza il timore di sprecare la vita. Vivere non è inutile, mai, se lo sfondo di tutto è l’eternità. Esprimiamo l’amore augurandoci di non morire. Tu non morirai in eterno.
- L’uomo può partecipare alla vita del Risorto se si lascia afferrare, attrarre dalla sua novità, accettando di separarsi da ciò che è vecchio, dalla schiavitù del peccato. L’alternativa vecchio/nuovo corrisponde a quella schiavitù/libertà. È il senso del battesimo. «Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù» (Rm 6,8-11). Non la schiavitù del peccato ma la libertà della risurrezione ci permette di vivere in modo degno: «per Dio, in Cristo Gesù». Per Dio: il battesimo introduce nella vita una ragione nuova, eterna, infinita. Viviamo davvero solo se viviamo per Dio. Altri scopi ci condannano alla schiavitù, perché troppo umani e insufficienti. In Cristo Gesù: Egli non è qualcosa da fare o una forza per cui tifare, è Qualcuno in cui vivere. Poiché viviamo in Cristo, siamo spazio della sua presenza: Egli vive in noi. Nella misura in cui ci accorgiamo e gioiamo di questa presenza che agisce in noi (questa è la fede), la nostra vita si dilata nella speranza e nella carità.
- Il Preconio pasquale canta: «Il santo mistero di questa notte sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti. Dissipa l’odio, piega la durezza dei potenti, promuove la concordia e la pace». Come queste parole si conciliano con la guerra, con le scene crudeli e le notizie che ci raggiungono non solo dall’Ucraina ma da tanti altri scenari (Etiopia, ad esempio, e Yemen)? E con tante altre vicende personali e familiari, segnate dalla discordia? Crediamo che Dio abbia sottomesso a Cristo risorto tutte le cose, ma constatiamo che «al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa» (Eb 2,8). C’è in noi la gioia per il mistero di una vittoria certa sulla morte e sul male insieme all’attesa di un non-ancora-manifestato, di una pienezza che deve ancora svelarsi.
Come stare nello spazio di questo tempo, come vivere questo dono già dato e non ancora pienamente manifestato? È come se il Signore risorto volesse attirare a sé la storia dall’interno, grazie all’amore, all’intelligenza, agli sforzi e al lavoro delle persone che Egli assimila a sé nel battesimo. Il mondo è fatto nuovo nella persona dei discepoli e per la loro vita spesa «per Dio, in Cristo Gesù». Gridiamo la nostra volontà di pace, ad esempio, la imploriamo con tutto il cuore e ci facciamo artigiani della sua edificazione; chiediamo il rispetto della vita e ci prodighiamo per servire quella delle persone che incontriamo. Tocca anche a noi ricapitolare questa nostra storia nel mistero d’amore, di gioia e vita di Cristo risorto. Una vita spesa per questo è ben vissuta!
Il Vangelo ci colloca proprio in quel momento degli eventi pasquali nel quale la risurrezione è già avvenuta ma non ancora manifestata ai discepoli e quindi al mondo: il Risorto non è ancora apparso eppure inizia a rinnovare il mondo nella ricerca delle donne, nel loro sguardo stupito davanti al sepolcro, nell’ascolto dell’Angelo, nel ricordo delle parole del Maestro (perché la tomba vuota può essere interpretata solo ricordando le parole di Gesù), nell’annuncio agli apostoli, nella corsa di Pietro. La risurrezione comincia a far nuove tutte le cose toccando il cuore e aprendo la mente dei discepoli. Il mondo è rinnovato nelle cose ordinarie dell’esistenza fermentate dalla memoria di Cristo e dall’attesa del suo manifestarsi pieno.
Dalla luce di questa notte nasce perciò la nostra missione. È la stessa delle donne: annunciare la misericordia senza limiti, la vita definitiva, l’amore più grande. La guerra, la fame, le ingiustizie, richiedono la nostra più coraggiosa azione per la costruzione di un mondo di verità e di amore, un annuncio più fresco della gioia del Signore, e soprattutto uno slancio entusiasta verso il Signore che viene. E un’offerta più radicale dell’esistenza. Non cerchiamo tra i morti il nostro amato Sposo, cerchiamolo sempre, giorno e notte, tra i vivi, dove continua a camminare e ci viene incontro.
A voi cari catecumeni il nostro pensiero pieno d’affetto e il nostro augurio. Date al mondo e alla nostra Chiesa la testimonianza di questa novità di vita, di quella sincerità di fede speranza e carità che può trasfigurare voi e il mondo.
Siamo lieti sempre e in tutto. Cristo è davvero risorto nel suo vero corpo. Alleluia!