Omelie

Epifania del Signore. Omelia dell’Arcivescovo

Cattedrale di Cagliari, 6 gennaio 2021

Epifania del Signore

 

Carissimi fratelli e sorelle,

una volta entrati nella casa sulla quale si è fermata la stella, i magi trovano il bambino Gesù e sua Madre e la gioia grandissima che avevano provato poco prima si tramuta in adorazione (cf. Mt 2,10-11). Adesso, il cammino intrapreso dal lontano Oriente in cerca del Re dei giudei diventa puro atto d’amore, coscienza di una Presenza che riempie di sé la vita, donandole valore e significato. Il desiderio che aveva spinto quei sapienti ad intraprendere un cammino faticoso e dall’esito incerto, si compie nell’adorazione di Gesù Cristo.

Un anno fa, accogliendomi a nome di tutto il Capitolo Metropolitano di Cagliari, Mons. Mario Ledda ricordava l’espressione di un Vescovo di questa diocesi che all’ordinazione di un presbitero aveva detto: «Sei sacerdote per annunciare al mondo che il sepolcro è vuoto», aggiungendo: «Umilmente e appassionatamente chiediamo che il Vescovo sia capofila di tali annunciatori, necessari a noi credenti non meno che al mondo». Non ho mai dimenticato, nelle vicende di quest’anno, quell’appello. L’annuncio gioioso di Cristo è ciò che tutti, anche inconsapevolmente, attendono da noi e rende la nostra vita significativa per il mondo. Non pensiamo di giustificare la nostra presenza per la capacità di fare ciò che il mondo sa già realizzare, e forse in modo più efficiente. La nostra vocazione è gridare al mondo che c’è una luce che viene ed è più forte di ogni tenebra, individuale o collettiva, di ogni paura e di ogni ignoranza. Avvertiamo attorno a noi questa speranza spesso inconfessata, ma talora gridata nelle domande circa il senso del vivere e del morire, del lavorare e dell’impegnarsi per il cambiamento della società, anche in questi tempi di paura e di ansia. Queste domande aprono a un cammino che solo in Gesù Cristo può trovare pace.

«No, non una formula ci salverà, – scriveva San Giovanni Paolo II – ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi!» (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 29). Non una teoria (neanche la nostra) ma una Persona! La Chiesa vive e opera solo per questo, per annunciare agli uomini che la luce del mondo è Cristo Gesù e viene, cammina con noi, ci attrae e si lascia trovare, si prende cura di tutti e consola, guarisce e insegna, infonde coraggio e dà energia, inquieta con le sue domande e risponde alle nostre, dialoga con tutte le ansie, le speranze e preoccupazioni, svela il mistero nascosto dai secoli e ci restituisce al nostro vero volto. La Chiesa vive e opera perché questa Persona vivente continui a incontrare gli uomini e a riempirli della stessa gioia grandissima che i Magi provarono; è chiamata a manifestare l’essenziale, partecipando al mistero dell’incarnazione per il quale Dio appare visibilmente perché possiamo essere conquistati all’amore delle realtà invisibili (cf. Prefazio di Natale I).

Sappiamo per esperienza che solo la bellezza di una luce può muovere liberamente gli uomini e attrarli a Cristo. I magi si muovono perché attratti dalla stella. Scriveva San Leone Magno: «Questa stella ci esorta particolarmente a imitare il servizio che essa prestò, nel senso che dobbiamo seguire, con tutte le nostre forze, la grazia che invita tutti al Cristo» (Discorso 3 per l’Epifania). Che la nostra vita sia questa luce che brilla per la testimonianza in parole e opere, per l’intelligenza della verità e la generosità della carità, per il calore dell’amicizia e fraternità. Nessuna organizzazione o sforzo potrà mai sostituire questa limpida luce che brilla nella vita di chi vive e muore nell’amore del Signore.

Per essere luce che illumina e attrae gli uomini, la Chiesa deve sapersi sempre mettere in movimento, in cammino verso il Re che nasce. Viene in mente un testo di S. Agostino, circa quei sapienti interrogati dai Magi: «A loro fu chiesto dove sarebbe nato il Cristo. Risposero: In Betlemme di Giudea, perché così è scritto dal profeta: E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero la più piccola tra le città di Giuda. Da te infatti uscirà un capo che governerà il mio popolo, Israele. Coloro che cercavano udirono e proseguirono il cammino. Rimasero fermi i dottori che avevano dato le indicazioni. Separati da sentimenti opposti, gli uni divennero adoratori, gli altri persecutori» (Discorso 373). Che paradosso! Chi conosce esattamente le profezie resta fermo nel palazzo del potere, chi invece non sa e chiede si rimette in cammino.

Anche noi rischiamo di restare fermi perché sazi di quanto crediamo di sapere. No, il mistero di cui parla San Paolo (Ef 3,2-5.5-6) non si finisce di scoprire e conoscere, perché si manifesta agli uomini disposti a cercare sempre più in profondità e ad adorare. Un mistero che si manifesta in un bambino amabile può essere conosciuto solo da adoratori in cammino, sempre disposti a mettersi in movimento.

Non c’è altro programma, per me e per noi tutti, che annunciare, servire e testimoniare Gesù Cristo, nostro compagno e amico, che ci strappa dal potere delle tenebre e ci riveste sempre di luce.

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