Cattedrale di Cagliari, 24 dicembre 2020
Natale del Signore 2020 – Messa «In Nocte»
Le vicende degli uomini di Palestina sembravano determinate dalle decisioni dei potenti del tempo. Cesare Augusto ordina il nuovo censimento della popolazione dell’impero, che viene organizzato dal governatore della Siria, Quirinio, e tutti vanno a farsi censire nella propria città. Anche Giuseppe deve spostarsi e con Maria si incammina verso Betlemme, in Giudea. Non c’è accoglienza per loro nei consueti rifugi e devono adattarsi in una stalla. Poco fuori il paese, un gruppo di pastori fa la guardia al gregge. È gente condannata a una condizione miserevole, come attestano concordi tutte le fonti. Sembra tutto andare secondo il solito: la politica dei potenti, le convenzioni sociali, la diffidenza degli abitanti, la condizione dei pastori. Poi accade l’imprevisto, la vera novità. «Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto» (Lc 2,6). Dentro tutto, mentre gli uomini soffrono e lottano, lavorano, amano e peccano, Dio compie le sue promesse e apre la nostra vita a una sorprendente possibilità. Questa è tutta la nostra speranza e la nostra gioia: che Dio riapra la vita a una nuova possibilità. Egli attira la nostra storia al suo compimento, sempre, facendosi vicino, venendo tra noi, abitando le nostre vicende.
Questo è l’impensabile, la grande novità: «Dio si è manifestato nascendo – scrive Gregorio Nazianzeno –, il Verbo prende spessore, l’invisibile si lascia vedere, l’intangibile diviene palpabile, l’intemporale entra nel tempo, il Figlio di Dio diviene figlio dell’uomo» (Sermone 38).
Appena il bambino è deposto nella mangiatoia, i pastori sono investiti dalla luce degli angeli e fatti destinatari del loro annuncio di gioia: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,11-12). I pastori hanno certamente paura, ma più forte è la bellezza e lo splendore di quella luce che vince le tenebre e la bontà di quell’annuncio. È nato il Salvatore, e può essere trovato anche da loro, perché sempre si lascia trovare da chi lo cerca: «un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Quei pastori, condannati per nascita a svolgere la loro esistenza in una condizione di marginalità, in quel momento, superato il timore iniziale, imparano la gioia, la pura gioia gratuita, e la meraviglia per ciò che nessun uomo potrebbe mai fare. Imparano a guardare se stessi senza vergona e senza timore, senza disprezzo o rabbia. Possono guardare se stessi con gli occhi di quel bambino, e con quelli di Maria e Giuseppe che lo accudiscono con amore. Quei pastori riconoscono con sorpresa un Dio vicino, che si fa compagno al loro cammino, un Salvatore amico. Possono dar confidenza a un Salvatore così, possono ricevere la confidenza di un Dio trovato nella mangiatoia.
Dopo, i pastori tornano alla loro occupazione solita, ma non come prima: hanno visto la gloria di Dio, hanno sentito gli angeli, hanno adorato il bambino annunciato, sono stati sorpresi da un Dio che nella mangiatoia ha annullato la infinita distanza che li separa da lui. Ecco, possono essere contenti anche di se stessi e di essersi trovati all’aperto, a vegliare il gregge, in quella notte. Guardati da quel bambino, possono addirittura essere contenti di sé. Non importa più ciò che fanno, importa quel che hanno visto e imparato.
Un senso di meraviglia e di sorpresa, di pace e gioia accompagnerà quei pastori per sempre. E noi siamo ancora capaci di lasciarci commuovere dall’annuncio di questa notte? Siamo disposti a lasciarci sorprendere dall’imprevisto di Dio? Vogliamo imparare di nuovo la gioia? Vogliamo conoscere la nostra vita con gli occhi di quel bambino che ci guarda dalla mangiatoia?
Stiamo lottando contro una malattia che fa soffrire e conduce alla morte, che rischia di far precipitare nell’indigenza tanta parte della popolazione. Siamo chiamati a combattere e risollevarci, ma sempre con la certezza di questa notte. Dio ci ama tanto da farsi nostro simile, da unirsi alla nostra carne per dare ad ogni carne una profondità infinita, la profondità di Dio. Costruiamo il nostro destino insieme, lieti di un Salvatore che si lascia trovare dentro le nostre vicende, che si lascia avvicinare da chi è disposto, di nuovo o per la prima volta, a commuoversi per il suo apparire tra noi. Perché sempre il Verbo di Dio appare tra noi.