Omelie

Santa Messa per gli operatori sanitari. Omelia dell’Arcivescovo

«Nel mistero della fede, condividiamo la fatica e la speranza»

«Io sono venuto perché abbiano la vita
e l’abbiano in abbondanza»
(Gv 10,10)

 

Carissimi in Cristo,

ho davvero molto desiderato questo incontro di preghiera per e con le persone ammalate, per e con le persone che se ne prendono cura. La provvidenza ha voluto che questa Santa Messa venisse celebrata nella domenica del Gaudete, dell’invito alla gioia, che ha come unico motivo l’avvento del Cristo, il «consacrato con l’unzione», inviato «a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore» (Is 61,1-2). La ragione della nostra gioia è l’avvento dentro la storia dell’Unico che può fasciare i cuori spezzati, che può soccorrerci nella fragilità e vulnerabilità, che va incontro agli uomini piagati dall’infermità.

Scriveva San Bernardo di Chiaravalle: «Voi che giacete nella polvere, svegliatevi e lodate, poiché viene il medico per i malati, il redentore per coloro che sono in schiavitù, la via per coloro che si erano perduti, la vita per i morti. Viene Colui che getterà nel profondo del mare tutti i nostri peccati, che risanerà tutte le nostre malattie, che sulle Sue spalle ci riporterà all’origine della nostra dignità. Grande è questa potenza, ma ancora più mirabile è la misericordia, poiché così volle venire Colui che si poteva accontentare di aiutarci». Viene Colui che poteva limitarsi ad aiutarci, e viene come medico misericordioso!

Tante volte Gesù ha definito il suo ministero come opera di risanamento dei malati (Mt 9,12) e di sollievo per gli afflitti (Mt 11,28). Egli guarisce i malati che gli sono presentati (Mt 4,23; 21,14; Lc. 9,11), e invia i discepoli per dilatare la sua opera di salvezza (Mt 10,1; Lc 9,1). Per i Padri della Chiesa Cristo è il «sommo medico» (Origene) e il «medico umile» (Agostino), il «medico delle nostre anime e dei nostri corpi» (Ireneo) e anche «il medico e la medicina» (Agostino) delle malattie fisiche e spirituali, del bisogno di salute e di salvezza dell’uomo, perché nella domanda di salute si esprime sempre il bisogno di salvezza. Gesù è il medico che vede la ferita del corpo e raggiunge il bisogno dell’anima, si accosta all’uomo segnato dalla malattia avendone compassione e condividendone la sorte (Gesù tocca gli ammalati, e come è importante il modo di essere toccato nel corpo per un malato!). Gesù non guarisce senza compassione e senza condivisione di fatiche e speranze.

Il nostro pensiero e la concorde preghiera raggiungano tutti i sofferenti nel corpo, nella mente e nello spirito, e in particolari i malati a causa del coronavirus. A voi diciamo che non siete abbandonati e dimenticati. Soprattutto quando la sofferenza è prolungata e grave anche le certezze più salde possono essere scosse e si avverte la tentazione della disperazione circa il senso e il valore della vita. Come avvertiva Benedetto XVI «per ciascuno la sofferenza è sempre una straniera. La sua presenza non è mai addomesticabile» (Benedetto XVI, Omelia Santa Messa con i malati, sagrato della Basilica Notre-Dame du Rosaire, Lourdes, 15 settembre 2008). Il sopraggiungere di questa “straniera” tende sempre a isolarci, a chiuderci in una solitudine. E se le parole possono essere inadeguate di fronte all’abissale profondità della sofferenza, la Parola fatta carne penetra in questa solitudine e solleva il sofferente dal di dentro: chi soffre non porta da solo la prova e, nella fede, può conoscere se stesso come membro privilegiato di Cristo, misteriosamente reso conforme a Lui nell’amore dell’offerta. Non siete dimenticati e abbandonati, e il vostro dolore, nella compassione di Cristo, non è mai inutile. Preghiamo per voi.

La Chiesa è inoltre convinta che proprio l’uomo sofferente può divenire soggetto attivo e responsabile nell’opera di evangelizzazione e di salvezza (Cf. Giovanni Paolo II, Es. ap. Christifideles laici, n. 54). Avvertendo la presenza consolante del Signore, egli può consolare fraternamente coloro che si trovano nella stessa afflizione (cf. 2Cor 1,4-5). Ricordiamoci che il Signore Gesù «proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (Eb 2,18). Anche la nostra fragilità può divenire, in tal senso, segno della potenza e della misericordia di Dio e perciò annuncio del Vangelo, la lieta notizia. «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor. 12,10).

Preghiamo per voi, medici, infermieri, farmacisti, operatori sociosanitari, volontari e dipendenti ospedalieri, e per tutti coloro che si prendono cura degli uomini sofferenti. Tutti vi saluto con affetto e sincera ammirazione per la preziosa opera che prestate a favore del prossimo e perciò anche – per usare un’espressione di San Paolo VI – del «grande misterioso Paziente, che soffre in ciascuno di coloro sui quali si curva buona e saggia la vostra professione» (Paolo VI, Discorso al comitato promotore della «Giornata del medico», 18 ottobre 1969). Faccio mie le parole del Papa: «il mondo ha potuto vedere quanto bene avete fatto in una situazione di grande prova. Anche se esausti, avete continuato a impegnarvi con professionalità e abnegazione… Siete stati una delle colonne portanti dell’intero Paese» (Francesco, Discorso a medici, infermieri e operatori sanitari della Lombardia, 20 giugno 2020). Molti hanno dato anche la vita, testimoniando con grande coraggio ed esemplare fedeltà una vocazione di prossimità all’uomo che soffre. Chi di voi è sostenuto dalla fede cristiana, sappia di esser come le braccia della Chiesa, che di Cristo presente negli ammalati è umile serva, desiderando solo manifestare l’amore del Buon Samaritano.

Il nostro pensiero orante va ai cappellani e agli assistenti religiosi, che esprimono con particolare dedizione la cura che ogni presbitero – secondo l’insegnamento del Concilio – deve avere «dei malati e dei moribondi, visitandoli e confortandoli nel Signore» (PO 6). Essi annunciano, a contatto con la fragilità umana e il mistero della morte, la lieta notizia del Vangelo, facendo sperimentare l’amore di Cristo e accompagnando tutti con la premura di padre e madre, di amico e fratello. I sacerdoti possono promuovere efficacemente il coinvolgimento di tutti i cristiani presenti nei vari presidi di cura ed esprimere così la sollecitudine dell’intera comunità cristiana.

Preghiamo per tutte le autorità civili incaricate, a vario titolo, della tutela della salute come «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» (art. 32 Cost.), che in questo periodo hanno avuto il grave onere di fronteggiare l’inedita e grave crisi pandemica. Sappiamo che davanti alla sofferenza si determina la misura della nostra umanità e il vero sviluppo dei popoli. Ogni sforzo va fatto, in corrispondenza ai principi di rispetto della dignità umana e di bene comune, di solidarietà e sussidiarietà, perché sia garantita a tutti parità di accesso alle cure e adeguatezza di trattamento.

Nella festa ormai vicina del Natale celebriamo il mistero di Gesù Cristo che «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,7). In Gesù Cristo, il volto di Dio si fa simile a quello di tanti nostri fratelli sofferenti e umiliati. Non possiamo contemplare pertanto Dio senza abbassarci anche noi per coglierne i lineamenti misteriosi nel volto nelle persone alle quali si associa in modo del tutto particolare: ero malato (cf. Mt 25,36). La gioia cristiana è tutta in questo paradosso: che si trovi pienezza e compimento nel lasciare che il cuore svuotato si riempia dell’amore di Cristo per gli uomini. La gioia è il dono di un cuore dilatato dalla soavità dell’amore.

Guardiamo con fiducia e speranza a Cristo, «medico di carne e di spirito» (SC, n. 5) e consegniamo alla Vergine Maria, che sotto la croce “stava” amorevolmente, i nostri pensieri e preoccupazioni, le nostre fatiche e speranze.

 

Vergine Maria,
stella del mare, proteggici
nelle tempeste
e guida il nostro cammino
al porto sicuro della salvezza.

Vergine Maria,
stella del mattino,
mostraci la luce di Cristo,
tuo Figlio, sole che sorge dall’alto
per illuminare le tenebre.
A lui la lode e la gloria,
con il Padre e lo Spirito,
nei secoli eterni.
Amen.

Condividi
Skip to content