Omelie

V domenica di Pasqua. Omelia dell’Arcivescovo

V DOMENICA DI PASQUA
10 maggio 2020

«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1). I discepoli erano turbati per la prospettiva del distacco da Gesù. Gesù deve salire al Padre e il turbamento dei discepoli è quello di chi teme la solitudine, l’assenza della persona amata. Forse si sentono come in un vicolo cieco, davanti a un muro, e Gesù dice «non sia turbato il vostro cuore». Il turbamento può essere vinto solo dalla fede. Siamo turbati non perché qualcosa è poco chiaro, ma a causa della mancanza di fede. Gesù non esorta al coraggio, ad osare, ad esser baldanzosi ma ad aver fede. Aver fede in Gesù significa credere che il percorso della vita, il cammino della storia, sono affidati alla Sua potenza. Non siamo mai in un vicolo cieco, c’è sempre la possibilità di un cammino, si apre sempre una via da percorrere. Gesù annuncia che va «nella casa del Padre» e che ritornerà per prenderci con sé nel luogo dove Lui è, per condurci dove Lui è (cf. Gv 14,2-4).
Tommaso chiede quale sia questo luogo e quale la via per giungervi?
Gesù rivela se stesso come «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Gesù è la via offerta a chi cammina, al pellegrino, al viandante. L’uomo è colui che cammina, che va, che pellegrina. Per andar dove?
Chi cammina avverte il cambiamento delle condizioni: cambia il panorama, cambiano a volte i compagni di viaggio, si avvicina la meta. Ma quale via? E per andare verso dove?
Gesù lo dice chiaramente: «nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). La via che il Risorto ci offre non è per andare verso un luogo ma per entrare in una relazione. Perché il vero cammino della vita, il vero cambiamento della vita, la possibilità che la vita si apra verso un orizzonte nuovo e più grande consiste solo nella relazione col Padre. Questo è il vero cambiamento e, dice Gesù, questo è sempre possibile. Allora non saremo mai di fronte ad un muro invalicabile, mai stretti in un vicolo cieco: c’è sempre una via da percorrere, quella che ci introduce al rapporto col Padre. Il vero cambiamento è la relazione con Dio alla quale ci introduce Gesù: «se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto. […] Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,7.9). L’umanità di Gesù, l’umanità risorta di Gesù, è la via di accesso a qualcosa che è più grande di Lui: il Padre in cui Lui vive nello Spirito Santo.
Seguire Gesù significa essere introdotti a qualcosa di più grande di Lui e del quale Egli è la via, ma Lui è anche il luogo dell’incontro perché il Padre è in Lui.
Dobbiamo chiedere al Signore di introdurci in questa relazione, di mostrarci il Padre che in Lui opera e di aiutarci a comprendere il valore e l’opera del Padre dentro la nostra vita.
Tre considerazioni molto semplici di aiuto in questo cammino.
– Gesù è via per chi ha desiderio di camminare, ma questo desiderio è provocato da Lui stesso: «vi prenderò con me» (Gv 14,3). Il desiderio di camminare, il desiderio di un cambiamento, è già il segno della Sua presenza. Ciò che aiuta in questo cammino anzitutto è la semplicità di Tommaso e di Filippo che chiedono. Forse le domande sono frutto di un equivoco, di una incomprensione, ma la semplicità con cui si domanda aiuto al Signore dispone già ad accoglierne la risposta. «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via? […] Signore, mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,5.8). Già la semplicità della domanda, della preghiera, ci mette in relazione col Signore e ci dispone ad accoglierlo.
– Gesù afferma che chi crede in Lui compirà opere grandi. In questo cammino della vita è necessario saper riconoscere le opere grandi che accadono nella Chiesa. Le opere, abbiamo sentito nella prima lettura, della carità, le opere prodotte dall’ascolto della parola di Dio e dalla preghiera. Come valutare questo tempo? In che cosa siamo cambiati? In che cosa Dio ha dato prova di sé? Guardiamo le opere, guardiamo ciò che Lui ha compiuto, perché la vita non è un ammasso caotico di oggetti, di avvenimenti, di incontri, ma è il dispiegarsi di un’opera sapiente, della sapienza di Dio che sempre lavora. Se vogliamo capire il cammino fatto in questi mesi, dobbiamo ricordare le opere che dimostrano la presenza di Dio più forte di ogni turbamento.
– Il Padre opera in Gesù: «Io sono nel Padre e il Padre è in me. Le parole che io vi dico non le dico da me stesso, ma il Padre che rimane in me compie le Sue opere» (Gv 14,10). Per comprendere cosa è accaduto in questo periodo, dobbiamo comprendere ciò che il Padre ha compiuto dentro di noi, in noi. In che modo è cambiata la nostra intelligenza delle cose, il nostro sentimento. Questa è la vera condizione del cammino: la disponibilità, la povertà, la curiosità di comprendere ciò che il Signore sta operando tra di noi e dentro ciascuno di noi.
S. Benedetto nel Prologo della sua regola dice che gli uomini timorati di Dio sono quelli che non si insuperbiscono per la propria buona condotta ed esaltano Dio pensando invece che quanto di bene c’è in essi non è opera loro, ma di Dio. Gli uomini che temono Dio non attribuiscono a se stessi il bene che fanno ma a Dio che opera in loro.
Gesù è la via. Camminiamo nella fede magnificando Il Padre per ciò che compie in Gesù e nella sua Chiesa, e nella vita di ciascuno di noi.

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